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Africa: Guerra per i cellulari

La columbite e la tantalite, essenziali per la maggior parte dei congegni elettronici, alimenta l'infinita guerra civile del Congo. Quanto costa davvero un telefonino? Non sto parlando di offerte e sconti e promozioni, ma del suo impatto, delle sue conseguenze, per così dire.
Chi possiede un cellulare sa (o dovrebbe sapere) che cos'è il coltan.

Si tratta di un minerale, anzi di una combinazione di minerali, columbite e tantalite, essenziale per la fabbricazione di tutti i gadget elettronici perché serve a ottimizzare il consumo elettrico nei chip di nuovissima generazione. 
Dai cellulari alle cellule fotovoltaiche, dalle telecamere ai computer portatili fino all'industria aerospaziale, agli air bag, ai visori notturni, alle fibre ottiche, il coltan è presente e sempre più ricercato. 
Il suo valore minimo, fino a una cinquantina di anni fa, è in costante ascesa. 
Estrarlo non è semplice, si tratta di frantumare minutamente pietre in grandi cave all'aperto, tipico lavoro da miniera, di quello duro, antico e da sfruttamento come in uso nei paesi del terzo mondo.

Il punto è che il coltan, il suo sfruttamento ed il suo commercio in gran parte illegale, sono alla base della interminabile guerra che devasta la repubblica democratica del Congo, l'ex Congo belga già provato dal feroce colonialismo di Leopoldo II, che è una delle più importanti zone di estrazione. 
I proventi della vendita del minerale servono infatti a pagare i soldati e ad acquistare nuove armi alimentando la lotta tra gruppi paramilitari e guerriglieri nella regione di Kivu, nella parte orientale del Paese e nei vicini Rwanda e Uganda
Un commercio senza regole con strane interazioni tra gruppi armati locali, multinazionali dell'elettronica occidentali ed asiatiche ed organizzazioni criminali internazionali.

Un tema di cui l'Onu si occupa senza successo fin dal 2002 e che si traduce in una catena di conflitti e sfruttamento, lavoro minorile compreso perché sono i bambini, specie i più piccoli, rapiti o comprati alle famiglie, i più adatti a calarsi nelle strette buche da cui si estraggono le pietre che contengono il coltan, a salari da fame. Secondo un rapporto di Watch International del 2009, la manodopera locale prende l'equivalente di 18 centesimi di euro per ogni kg di coltan estratto, che per i bambini scende a una paga giornaliera di 9 centesimi.
Il prezzo di mercato del minerale arriva fino ai 600 dollari al kg.

Una attività svolta senza alcuna regola ne sicurezza per un mercato che ne è privo. 
Se infatti il cosiddetto "protocollo di Kimberley", di cui molte associazioni chiedono un omologo, ha posto un minimo di regole al mercato dei diamanti, per il coltan non esiste nulla del genere, malgrado l'amministrazione americana nella riforma di Wall Street abbia introdotto un articolo, il 1502, che prevede per i produttori di apparati elettronici quali grandi consumatori di coltan, l'obbligo della certificazione sulla sua provenienza. 
In mancanza di un organo di controllo, infatti, si tratta di mera autocertificazione. 
Sta quindi alla libera iniziativa delle singole aziende garantire che le apparecchiature elettroniche prodotte provengano da zone conflict-free e da una produzione legale.

Quante lo faranno?

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