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Veleni nei nostri alimenti: Antibiotici, tossine e metalli pesanti

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IL BATTERIO Escherichia coli nella carne argentina, salmonella nel pollame dal Brasile, ma anche residui chimici nocivi, antibiotici, metalli pesanti e Ogm non autorizzati.
Un ampio ventaglio di cibi a rischio che finisce sulla nostre tavole. A nostra insaputa. Il dossier Coldiretti, elaborato su dati del Sistema di allerta europeo 2015, fotografa una situazione largamente fuori controllo. Le verifiche, a campione, sono limitate (sotto l’1% per gli scambi intra-comunitari e al 4,7% per i prodotti importati dai Paesi terzi) ma bastano a inchiodare Cina (469 casi), Turchia (214) e India (200) come le tre sorelle al top della lista nera dei prodotti irregolari.

UN PROBLEMA soprattutto di regole. O, meglio, di assenza di regole. «Negli ultimi 20 anni – sottolinea il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo – la globalizzazione ha visto come riferimento il prezzo del prodotto agricolo e mai le regole di produzione. Subiamo la concorrenza sleale di Paesi terzi che producono in modo meno sicuro, con prodotti chimici da noi banditi, senza norme a tutela del lavoro o dell’ambiente». Cibi che costano poco ma valgono meno e, oltre a generare un danno economico, mettono a rischio la salute dei consumatori.

Anche perché oltre metà della spesa degli italiani è ‘anonima’: salumi, carne di coniglio, carne trasformata, frutta e verdura trasformata, derivati del pomodoro diversi da passata, formaggi, derivati dei cereali come la pasta, latte a lunga conservazione, sughi pronti e riso. Tutti prodotti per i quali non c’è l’obbligo di indicare la provenienza. E, guarda caso, molti rientrano tra quelli ‘incriminati’. I prodotti tossici intercettati e respinti contenevano soprattutto aflatossine (frutta secca), antiparassitari (riso, foglie di vite, carciofi, fragole e ceci), salmonelle (semi di sesamo, carne e prodotti ittici), parassiti (soprattutto datteri).

Tra i contaminanti microbiologici, la salmonella è la più diffusa (con ben 476 notifiche), non pochi anche i residui chimici come i fitofarmaci (437) e le micotossine (221). E poi ci sono i metalli pesanti (mercurio, cadmio, arsenico, piombo) e i materiali estranei come pezzi di vetro e metalli.

La battaglia sulla tracciabilità e l’etichettatura va nella direzione di rendere i consumatori consapevoli di ciò che mettono nel piatto, in grado di distinguere tra il prodotto italiano e quello «figlio di agricolture che hanno controlli non paragonabili ai nostri». Basti pensare che i residui chimici in Italia sono tre volte inferiori alla media europea e 12 rispetto ai Paesi extra Ue.

IL TERRENO di gioco è sia europeo che nazionale: «Il regolamento Ue 1169 – spiega Moncalvo – dice che un Paese membro, se può dimostrare che c’è una domanda di trasparenza da parte dei consumatori, può ottenere da Bruxelles un’attuazione nazionale dell’etichettatura». E il 96% dei consumatori, sondato dal ministero delle Politiche agricole, vuole sapere esattamente ciò che mangia.

fare la spesa: i cibi contaminati

Dunque, dopo la Francia, anche l’Italia si sta muovendo su questo fronte. Lo stesso ministro Maurizio Martina ha ribadito l’impegno a tutelare il made in Italy , «con l’obiettivo di salvaguardare il reddito dei produttori e dare forza alle imprese agroalimentari». Se i prodotti ‘tarocchi’ valgono in Italia 60 miliardi e 300mila mancati posti di lavoro, la concorrenza sleale con cibi rischiosi e di bassa qualità pesa sui ribassi dei prezzi, come quelli di agrumi e pomodori, crollati anche del 60%. Con la salute di mezzo però, molti sarebbero disposti a pagare qualcosa di più pur di avere la certezza sull’origine di ciò che mangiano.

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